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La laurea in scienze della comunicazione serve?

Per me la scelta dell’università è stata semplice: sapevo che potevo scegliere solo una facoltà, Scienze della Comunicazione e Giornalismo.
L’avevo scoperta anni prima anche se sapevo che nella mia regione non era ancora presente come corso di laurea. Mentre ancora ero alle  scuole superiori pensavo che non sarei scesa a compromessi: o quella facoltà o niente.

laurea in scienze della comunicazionePoi non so se qualcuno da lassù ha esaudito i miei desideri, se è stato uno sfacciato colpo di fortuna o semplice casualità, ma un anno prima del diploma è nato anche in Sardegna il corso di laurea in Scienze della Comunicazione e giornalismo presso la Facoltà di Scienze Politiche di Sassari: presa dalla felicità dell’evento e certa che fosse per me destino ho fatto l’iscrizione ad occhi chiusi.

Non ho mai dubitato della mia decisione, la mia parte l’hanno fatta gli altri.
Non ho mai dubitato di fare la scelta sbagliata, ho creduto da subito fosse l’inizio della mia felicità.

Perché racconto queste cose?

Non sono diventata nostalgica con l’arrivo degli enta, ma ora che la mia laurea in Scienze della Comunicazione la posso inserire nel cv, ora che è passato del tempo da quel fatidico primo anno all’università mi viene in mente di come molte persone consideravano chi come me si era iscritto in una facoltà – in particolare a un corso di studi – per “hobby”.

Non so per quale motivo considerassero la facoltà di Scienze Politiche e in particolare il corso di Laurea in Scienze della Comunicazione una laurea di serie B né tantomeno mi sono mai posta il problema di dimostrare quanto fosse primitiva una simile considerazione. Ancora oggi mi viene da sorridere se penso agli sguardi tra il pietoso e il compatito di chi mi chiedeva che facoltà avessi scelto, come se non si capacitassero che per il mio futuro avessi deciso di proposito per  il fallimento lavorativo, ergo una laurea inutile.
Non mi sono mai posta il problema, ma non è stato comunque facile essere considerata “una studentessa inferiore” da studenti di altri corsi di laurea, non essere presa troppo sul serio durante una conversazione tra coetanei o peggio trovarsi in discussioni da insulto all’intelligenza umana.

Ma dove vai se l’amore non ce l’hai?

Ho sempre pensato che la scelta di una facoltà dipendesse da un unico fattore: l’amore.
L’amore per quello che si vorrà fare “da grandi”, per mettere in pratica quello che si studia sui libri; l’amore per gli esami che prepari anche quando alcuni concetti non li capisci o ti piacciono meno. È l’amore per quello che fai che ti fa andare avanti e l’università è il primo scontro con la vita, che ti fa capire che devi rialzarti sempre quando cadi. E mentre ti rialzi, se sorridi cresci due volte. Ho scelto la facoltà di Scienze Politiche e il corso di laurea in Scienze della Comunicazione perché già ai tempi dell’università mi svegliavo con il fuoco per la scrittura dentro e per combatterlo potevo solo assecondarlo.

Oggi, in questa società in cui tutti si spacciano per cultori e cultrici del web, che si pavoneggiano sui social network o credono di aver scoperto un mondo nuovo con i blog, mi rendo conto di quanto siamo avanti noi laureati in scienze della comunicazione, noi che queste cose le abbiamo studiate anni e anni fa e nessuno ci si filava, noi che nominavamo un blog e ci guardavano con gli occhi spalancati come se avessimo detto una parolaccia.

Oggi vedo la mia laurea come un surplus e posso felicemente dire al mondo che, così come nel passato ho sempre creduto di non avere niente in meno dei laureati in Economia, Ingegneria, Giurisprudenza o Farmacia, oggi sono totalmente convinta di avere fatto la scelta migliore nell’intraprendere questa strada.

E tu, come la pensi su questo argomento? Secondo te la laurea in Scienze della Comunicazione serve?

Mi chiamo Eleonora Usai e sono una copywriter freelance. Vivo di parole e libri, pasticcio su moleskine e planner ogni attimo di vita. E scrivo per sorridere.

Commenti

  • Alessandro
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    Grazie Eleonora il tuo commento mi ha aiutato ad andare avanti nella scelta di continuare il corso di scienze della comunicazione, sono al primo anno della triennale e non si sa quante persone hanno criticato e pregiudicato la mia scelta, ritenendola inferiore a un corso di giurisprudenza oppure medicina, per un certo periodo mi vergognavo a farmi vedere con gli altri laureandi degli altri corsi e pensavo anche di abbandonarla certe volte perché questa cosa non mi faceva sentire bene, anzi mi faceva sentire una schiappa come studente universitario.

    8 Luglio 2016
  • Francesco
    replica

    Vedi che nel tuo post usi più volte il termine “facoltà” a sproposito. Inizialmente dici, correttamente, che il corso di laurea era incardinato presso la facoltà di Scienze politiche della Università degli studi di Sassari. Successivamente, però, anziché chiamarlo «corso» lo chiami «facoltà». In realtà la facoltà nel vecchio sistema della governance universitaria (riformato dalla legge 240/2010) era una struttura di raccordo didattico-amministrativo cui afferivano uno o più corsi di studio.
    Venendo nel merito, io sono plurilaureato e tra le mie lauree ce n’è anche una della classe di Scienze della comunicazione. Non la trovo affatto una cosa stupida o poco seria, però devo dire che gran parte della cattiva fama che hanno i corsi di studio in comunicazione e affini non è infondata, ma ha radici ben precise che sono a mio avviso individuabili in due criticità: la prima è che c’è stato un periodo storico in cui a Scienze della comunicazione si iscrivevano determinati personaggi televisivi non esattamente impegnati e in conseguenza di ciò tali corsi attraevano persone attratte da quel mondo, la seconda è che in un d eterminato periodo storico i corsi di laurea in Scienze della comunicazione sono proliferati al punto di divenire più delle università stesse (praticamente tutte le facoltà di Lettere e filosofia, Sociologia, Scienze politiche e Scienze della formazione ne aveva almeno uno e quindi mediamente c’erano due corsi della classe per ateneo; Ferrara ne aveva tre, Palermo addirittura sette). In realtà i due fenomeni erano legati a doppio filo, anzi il secondo era conseguenza del primo perché le università sapevano bene che facendo leva su quel determinato target avrebbero aumentato le loro immatricolazioni, infatti nonostante il moltiplicarsi dei corsi la domanda anziché diluirsi aumentava a dismisura, sinché la bolla non è scoppiata, nell’anno accademico 2006-2007, quando ci fu il primo crollo (e oggi i corsi sono meno che dimezzati e soprattutto la maggior parte degli atenei en ha uno solo e a volte neanche quello). Capirai che in una situazione del genere garantire la qualità risultava difficile. Da un lato perché molti corsi si basavano su docenti a contratto, spesso a titolo gratuito, in quanto attivati da sedi che non avevano a disposizione le risorse umane necessarie a coprirne gli insegnamenti (io stesso mi sono ritrovato con diversi docenti di materie SPS/08 reclutati sulla base di esperienze nel settore dei media del tutto sovrapponibili a quelle che avevo io stesso, a volte anche meno, in qualche caso neanche laureati); dall’altro perché la situazione che si era venuta a creare attirava molti studenti, per così dire, di scarse pretese.
    Purtroppo il pregiudizio è rimasto e infatti finché io avevo solo la laurea in Scienze della comunicazione sul lavoro boccheggiavo, sennonché non appena ho conseguito quella in Economia aziendale, pur essendo un po’ over age, le offerte di lavoro si sono moltiplicate e ho trovato rapidamente un buon lavoro, ben retribuito, per il quale a mio avviso sono molto più utili le competenze che ho appreso a Scienze della comunicazione, ma per il quale veniva richiesta una laurea in discipline economiche.
    Che poi io abbia conseguito la seconda laurea con gran parte degli esami convalidati da quelli sostenuti per laurearmi in Scienze della comunicazione, questa è una cosa che, evidentemente, al datore di lavoro non interessava.
    Auguroni per la tua carriera!

    1 Maggio 2024

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