In questi mesi ho spiato i miei canali social da vicino e ho fatto autocritica. Mi piace essere obiettiva con me stessa, aiuta a crescere e migliorare ma anche a dare agli altri la vera me. Tutto è partito dal desiderio di raccontare storie e lavorare meno a progetti tecnici e così ho preso una decisione importante per il mio lavoro da libera professionista. Ho scelto di raccontare la me più intima.
Ho guardato Instagram con attenzione e mi sono resa conto che sono stanca dei trenini di hashtag o di quelle etichette fuori contesto che spersonalizzano un profilo. E sono stanca di vedere profili con foto bellissime e curate, ma poi tutte uguali.
Devi sapere che ho 4 profili. Uno è legato alla mia web agency e non lo gestisco da sola, il secondo profilo Ig è Leggeremania, ho 15 mila follower, è un profilo legato alla letteratura, ricco di interazione e con tanti lettori che stimano il progetto. Poi c’è il profilo Ig di copywriter4ou, legato alla mia attività professionale e, infine, sonounamamma, il profilo in cui racconto la maternità.
Proprio su sonounamamma vedo tante mamme blogger con profili bellissimi. Da 500 follower sono passate a 8000 in pochi mesi. Sponsorizzano ogni giorno un nuovo prodotto, mostrano la loro vita e raccontano alle amiche mamme di un accessorio che poi non sono sicura faccia parte della loro quotidianità. Che ne so, magari quei palloncini o i gadget di cui parlano mesi prima per la festa del loro figlio poi è solo fuffa, perché festeggiano il bambino con i gadget dei Pigiamask.
Ecco, su Instagram di sonounamamma vedo il lato malsano del web, quel lato in cui la marchetta del blog supera ogni limite. Anche io sono una mamma con un blog, ma capiamoci: sul mio diario online posto il mio mondo con Francesco, quello che mi piace fare con lui, la sua vita e la mia. Ogni tanto ho accettato qualche sponsorizzazione. L’ho fatto perché ho creato un legame con l’azienda, la proposta non era solo economica, quel prodotto di cui parlare lo uso davvero. Sponsorizzo poco e ogni post su Instagram o sui canali social non ha un compenso dietro.
Mi piace così, anche se le foto sono brutte, delle volte scure e non c’è una strategia di visual storytelling dietro.
Il profilo Instagram perfetto? Quello che racconta attimi di vita
Perché dico questo? Perché da questa riflessione e da questa consapevolezza, ho capito che cosa volevo da Instagram. Volevo raccontarmi con storie e parole.
Volevo mostrare una parte di me, quella che ha paura ma ha sempre entusiasmo, quella che non si arrende mai anche se delle volte dovrebbe. Ho deciso di raccontarmi in un modo nuovo per questo. Ne avevo bisogno, mi avrebbe reso più sincera. Me ne sono fregata del profilo Instagram perfetto, ho chiuso a chiave tutti i dubbi sulle mie pessime capacità visual. Mi sono rassegnata, perché tanto non sono brava a fare le immagini pulite, con cieli che non sono più azzurri ma diventano bianchi grazie a Snapseed e VSCO.
Ho deciso di essere me.
Alcuni avrebbero capito il mio progetto, altri avrebbero pensato che sono noiosa e monotematica; altri ancora si sarebbero rassegnati. Nel mio profilo professionale non avrebbero trovato perfezione, ma solo Eleonora.
So che è una scelta azzardata, che potrei evitare di pubblicare foto che agli occhi degli esperti sono orribili. La verità è che quella foto e quella didascalia nasconde una mia emozione. C’è un attimo che non voglio perdere e che ogni volta che guardo mi aiuta a tornare indietro nel tempo. C’è il desiderio di farmi forza, la voglia instancabile di non mollare, una richiesta di aiuto per la fatica di scrivere con un duenne in casa che vuole giocare con te.
Per me il profilo Instagram perfetto è quello che racconta attimi di vita, che riesce a portarmi dentro l’ufficio del professionista che seguo, che è capace di farmi immaginare e vivere un suo momento. È conoscere una collega che non ho mai visto in viso ma con cui, grazie a immagini e parole, mi sento legata perché trovo con lei tante cose in comune.
Ma allora che cosa postare? Non solo visual storytelling
Se mi chiedi che cosa scrivere sul profilo Instagram io ti dico dipende. So che è una risposta odiosa, ma è la risposta più sincera che posso darti. Devi postare in base a quello che sei e che fai. Ti faccio un esempio. Sul profilo della mia web agency non posso fare uno scatto e pubblicare. La visual designer mi cancellerebbe da admin. Su Ctrl+F abbiamo deciso di curare un profilo Instagram aziendale e per farlo serve una professionalità che io non ho. Curo la parte copy, mi occupo dei contenuti testuali dei post ma le illustrazioni e le grafiche deve farle un professionista.
Su copywriter4you, invece, non posso pianificare una strategia di visual storytelling e il motivo l’ho spiegato all’inizio. Le mie immagini non sono capaci di parlare un linguaggio professionale. Io posso fare storytelling con le parole. Posso raccontare il mio mondo con la narrazione.
Tu dovresti fare lo stesso. Dovresti guardarti dentro, chiederti se ti piace avere un profilo Instagram così come è ora e poi valutare se cambiare o continuare a gestirlo così. Dovresti farlo per te stesso e poi per i tuoi clienti. Lo fai, vero?