Chiudi
Torna su

Copywriting

A me le storie piacciono un sacco. Quelle degli altri, non le mie. Quelle in cui mi dimentico che devo portare mio figlio alla ludoteca ed è tardi; che ho fretta, dovrei controllare l’agenda e iniziare a lavorare. Mi piacciono le storie di prima mattina, appena sveglia, mentre mangio latte e biscotti. Con una mano scorro il telefono e leggo tutto quello che ha da dirmi la storia di oggi. Con l’altra inzuppo i biscotti, sempre con il solito gesto, metodica da una vita. In quel momento, ogni mattina, con Francesco da svegliare altrimenti dormirebbe fino alle dieci, con i clienti da sentire e un marito con cui parlare, io leggo storie.

Non ho mai amato i complimenti e di solito quando li ricevo resto sempre un po’ stordita. Non li cerco, delle volte li reputo superflui. Eppure ci sono alcuni complimenti che mirano al cuore senza saperlo. Uno di questi l’ho ricevuto qualche giorno fa da un nuovo contatto su Facebook che non mi conosce e sa pochissimo di me, se non per quello che pubblico sul mio blog personale.

La parola storytelling è molto abusata, è quasi maltrattata. È entrata in un circolo vizioso ed è diventata una parola catalizzatrice di attenzioni, che incuriosisce cliente e lettori. L'attenzione sullo storytelling, però, crea solo confusione. Stuzzica e coinvolge chi ancora non conosce questo mondo, ma crea false speranze e fa prendere cantonate serie.

Anche il copywriter freelance paga le tasse. Inizio il post rimarcando questo concetto perché c'è chi lo dimentica. La mia non è polemica né ironia, ma ho voglia di raccontare da dove nasce un preventivo o una collaborazione di lavoro partendo da questo pensiero. Come libero professionista sono in regime forfettario (che ha sostituito il vecchio regime dei minimi) e ho un'agevolazione sul pagamento dell'iva allo stato. L'agevolazione che ricevo in questo periodo significa che pago meno tasse, ma non che posso lavorare gratis o fare sconti come al supermercato.